Archeologia e Siti Archeologici nel Ventennio


La politica archeologica italiana all’epoca di Mussolini fu sostanzialmente diversa da quella dell’Italia pre-fascista e dei maggiori Paesi europei.

Le missioni archeologiche nella politica mediterranea dell’Italia 1898-1943» furono tantisssime e di grande valore per la Storia.

Le maggiori spedizioni internazionali servivano al governo Italiano per mostrare la bandiera nazionale in Paesi spesso arretrati, ma anche, più concretamente, per stabilire contatti con le autorità locali, raccogliere informazioni, sorvegliare le iniziative degli stati che perseguivano gli stessi obiettivi.

Gli archeologi, dal canto loro, erano lieti di collaborare con il governo.

Tutti erano nazionalisti, e quindi ben contenti di promuovere indirettamente gli interessi politici ed economici del Paese, tutti partecipavano per rendere "Onore alla Patria", quello che ora non esiste più a causa di una politica corrotta da interessi personali che vengono forzati ed incentiovati da altri stati per agevolare la loro economia.

Le spedizioni archeologiche di grande valore scentifico e storico, non perdevano occasione per decantare i grandi vantaggi che la madrepatria avrebbe tratto da quelle imprese.

In Italia l’argomento vincente era quello della romanità.

Tutti gli scavi diretti a ritrovare tracce di presenza romana davano un contributo alla tesi nazionalista della continuità storica fra l’antica Roma e la nuova Italia; e garantivano quindi maggiori finanziamenti.


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