Mestre, (VE)


In base a quanto si legge nell'Iliade, nella quale è citato un Mesthle, figlio di Pilemene re degli Eneti, alcuni eruditi del passato hanno proposto per la città un'origine leggendaria ricollegandosi alle vicende dell'eroe Antenore, capostipite dei Veneti. Questi, fuggito da Troia distrutta, dopo un lungo peregrinare per mare trovò rifugio nella regione che lui stesso chiamò Veneto dove fondò la città di Padova. Al suo seguito c'era anche Mesthle che invece si stabilì con altri presso un bosco di fronte alla Laguna, la cosiddetta Selva Fetontea, fondando una città fortificata che, dal suo nome, chiamò Mestre.

Leggende a parte, anche per la scarsità di reperti e notizie riguardanti l'età antica, l'origine di Mestre rimane ancora oscura. Per quanto riguarda il toponimo, l'ipotesi più accreditata, proposta da Dante Olivieri, lo fa derivare dal personale romano Mester e Mestrius, documentato specialmente nell'Italia settentrionale; il Filiasi resta nel vago e asserisce che l'etimo sarebbe etrusco; l'Agnoletti invece sottolinea la possibile presenza della radice mad-, riferita ad una località paludosa; chi invece vuole ricollegarsi al mito, individua una somiglianza con dei nomi di origine orientale (frigia e greca in particolare).

Ma anche in questo caso, come in innumerevoli altri, si tratta in effetti di un nome dall'origine molto semplice, lontano quindi da ipotesi leggendarie o mitologiche; cioè, così come la non lontana Musestre, antico sobborgo di Roncade nel Trevigiano, prende il nome dall'omonimo fiume che l'attraversa, Mestre acquisì il nome dal Mestre o meglio Mestria, un fiume sulle cui rive in tempi lontani il borgo era sorto e che si andava a scaricare dove ora inizia il Canal Grande di Venezia: Pel Porto di Olivolo o di Lito sboccava il fiume così detto Mestre o Marzenego, scorrendo pel canal di S. Secondo, e quindi in Canal Regio, incontrando poscia alla confluenza col Canal Grande, alla così detta oggidì Riva di Biagio, il Bottenigo ossia Butinicus, in cui immettevano Muson e Luxor, Pianca, Tergola e fiume d'Oriago, il quale per qualche tempo portò anche il nome di Brenta.

A queste acque aggiungevasi un ramo del Prealto per 'bucca de flumine' (ora Lizza-Fusina) e congiunto col Visignone, formava il canal della Giudecca, il quale poi fu ingrossato nel XIV secolo dalla Lenzina e dal canal di Vico; e tutte queste diramazioni erano quelle che costituivano il Porto di S. Niccolò di Lito (Antonio Luigi de' Romanò, Prospetto sulle conseguenze derivate alla laguna di Venezia, ai porti e alle limitrofe provincie dopo la diversione de' fiumi ecc. pp. 47–48. T. I. Venezia, 1815). Secondo altri il nome originario del fiume - e quindi anche del borgo - era invece Mestria: … molto prima del secolo XIV un branco del Medoaco maggiore, da poi denominato Brenta, il quale col Retrone passava nelle vicinanze di Padova, staccavasi al sito dell'odierno Fiesso (Flexus) dove assumeva il nome di fiume Una ovvero Prealto […] giunto questo branco ne' dintorni di Lizza Fusina sboccava in Laguna […] al sito ove ora sta la chiesa di San Geremia, capitava ad ingrossarlo porzione delle acque de' fiumicelli Mestria o Marzinicus, del Butinicus, del Muxon, del Tergala e del Pionca … (“Sulla destinazione di un'antichissima opera murale scoperta in Venezia. Congetture del M. Eff. Ing. Giovanni Casoni.” In “Atti delle adunanze dell'I.R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti ecc.” Pp. 220-221. Vol. VI. Venezia, 1856).

E che la città in origine si chiamasse Mestria sembrano dimostrarlo i tuttora esistenti cognomi toponimici ‘Mestria' e ‘de Mestria', mentre non risultano esistere in Italia quelli di ‘Mestre' o di ‘de Mestre' (Guglielmo Peirce, "Le origini preistoriche dell'onomastica italiana". pp. 122–123. Smashwords, 2010). Naturalmente, resterebbe però ora da domandarsi perché il fiume si chiamasse così. Per quanto riguarda la fondazione della città, sembra che né in epoca Paleoveneta né Romana nella zona sorgessero insediamenti di particolare rilevanza. L'Itinerarium Burdigalense, una guida per pellegrini del IV secolo, citava nella zona solo una «mutatio ad nonum», cioè "una stazione di posta per il cambio dei cavalli situata a nove miglia" (13,5km circa) dalla città di Altino, lungo la Via Annia.

Appare tuttavia possibile l'esistenza di un castrum, un piccolo centro fortificato embrione del medievale Castelvecchio. In questo periodo storico l'ecosistema più frequente era quello di foresta palaniziale quercio-carpioneto. La zona, inoltre, era paludosa tanto che le strade di origine romana, che sono costruite in linea retta fino a Mira, a valle si presentavano sinuose per adeguarsi al territorio. Il più antico documento riportante il nome di Mestre, ufficialmente conosciuto è l'atto di donazione con il quale nell'anno 994 Ottone III, che di lì a due anni diverrà poi Imperatore del Sacro Romano Impero, intende ringraziare per i servigi resi il suo fido condottiero Rambaldo appartenente alla famiglia dei Conti di Collalto, quelli del Castello di Susegana (TV).

Si trattava di un riconoscimento indubbiamente importante poiché ai fedeli vassalli vengono intestati la foresta del Montello, proprietà a Treviso e 24 “mansi” (grandi estensioni di terreno coltivabile) tra cui uno “inter Mester et Paureliano et Brentulo” ovvero tra Mestre, e l'attuale Gazzera (Parlan e Brendole). Il documento rimane nelle mani dei Collalto sino al 1917 quando il castello, durante la Prima Guerra Mondiale, viene distrutto. Tra le rovine, si trovava probabilmente acquartierato un reparto di soldati boemi, sudditi di Vienna, che dopo la sconfitta si trovarono a dover rientrare, per lo più a piedi ai loro luoghi di origine.

Uno di loro ebbe la bella pensata di rinforzare i suoi malandati scarponi con quella strana pergamena ritrovata tra le macerie. Il documento, giunto quindi così miseramente in repubblica Ceka, viene dapprima depositato, assieme ad altri oggetti trafugati, presso il locale archivio comunale, senza che nessuno si rendesse conto dello straordinario valore storico del documento. Solo successivamente il responsabile dell'archivio di Rokycany, situata nei pressi di Pilsen, cui il documento pervenne, ne comprese l'importanza storica e ne diede risalto; oggi il diploma di Ottone III risulta il più antico documento su pergamena nella Repubblica Ceca. Una copia della pergamena è stata consegnata alla municipalità di Mestre-Carpenedo per l'apposizione della stessa all'interno del Municipio di Via Palazzo, altresì conosciuto come Ca' Collalto.

Mestre potrebbe altresì essere citata una prima volta in un documento del 710 riguardante delle donazioni al monastero di San Teonisto di Casier. In tal caso però, il documento cita una "Mestrina presso le montagne" definizione alquanto incerta. Compare poi in nel citato diploma dell'Imperatore Ottone III, il quale dava a Rambaldo, conte di Treviso, terreni nella zona. La zona era in quest'epoca divenuta terra di confine tra il Sacro Romano Impero e il Ducato di Venezia, luogo di passaggio per uomini e merci diretti da e per la vicina Venezia. Attraverso il porto di Cavergnago, situato sul basso corso del flumen de Mestre, infatti, passavano la dogana le merci e gli uomini diretti in Laguna; inoltre, di qui passavano incrociandosi tre importanti arterie di collegamento con l'entroterra: la Padovana (l'odierna Miranese), la Castellana e il Terraglio (che collega Mestre a Treviso).

Nel 1152, infatti, la bolla in cui riconosceva signore di Mestre il vescovo di Treviso Bonifacio, papa Eugenio III specificava tra le proprietà un porto, il castello e la chiesa arcipretale di San Lorenzo. La potestà vescovile venne però minacciata nel XIII secolo dalle prepotenze di Ezzelino III da Romano. Nel 1237 le sue soldatesche si spinsero nel territorio mestrino, devastandolo, tanto da costringere le monache del Monastero di San Cipriano, che sorgeva nei pressi, a fuggire sotto la protezione di Venezia. Tra il 1245 e il 1250 Ezzelino occupò il castello di Mestre in contrasto con il fratello Alberico, divenuto podestà di Treviso, sino a che tra i due fratelli si giunse ad un accordo: nel 1257 il vescovo Adalberto III Ricco venne costretto a cedere il possesso del borgo e del castello all'amministrazione civile di Treviso, che prese a nominarvi un capitano per l'esercizio del potere amministrativo, militare e giudiziario. Nel 1274 un incendio danneggiò gravemente il Castelvecchio.

Nel 1317 Cangrande della Scala incominciò a minacciare Treviso, che come contromisure rinforzò tra l'altro il castello di Mestre. Nel 1318 gli Scaligeri tentarono a più riprese di conquistare la piazzaforte, che però resistette contro ogni aspettativa. Le soldatesche, ritirandosi, saccheggiarono i territori dei dintorni provocando una grave crisi economica. Alla fine, nel 1323 Treviso, stremata dalla lunga guerra, capitolò finendo sotto il dominio veronese — e con essa Mestre.

Con la conquista di Padova e Treviso la signoria scaligera iniziò a costituire una seria minaccia all'indipendenza veneziana, assieme all'imporsi di altre potenti signorie, non solo in Veneto, ma anche in Lombardia. Diventò a questo punto fondamentale per Venezia assumere il controllo del proprio entroterra. Il Castello di Mestre fu uno dei primi obiettivi, venendo strappato ai veronesi il 29 settembre 1337 (giorno di San Michele Arcangelo), allorquando fu conquistato senza colpo ferire dal comandante veneziano Andrea Morosini, corrompendo i 400 mercenari tedeschi di guardia. In breve Venezia assunse il controllo di tutto il territorio trevigiano. Il borgo di Mestre e il territorio limitrofo fu da allora governato da un rettore avente il titolo di Podestà e Capitanio: il primo fu Francesco Bon. Nel 1405 si ebbe anche la dedizione di Verona: in meno di un secolo la Serenissima aveva pertanto costituito il proprio Stato da Tera.

In quest'epoca il traffico di merci tra Mestre e Venezia era diventato così importante da richiedere la costruzione di un canale artificiale, il Canal Salso, che dalla laguna arrivava fino al cuore del borgo. D'altra parte la successiva deviazione del fiume Marzenego, che venne portato a sfociare in corrispondenza di Altino, rese impraticabile al commercio tale via d'acqua, rendendo ancor più importante il Canal Salso e la sua terminazione in laguna nella zona denominata San Giuliano. In ragione di ciò il commercio si spostò dalla parte nord di Mestre alla parte sud contribuendo allo sviluppo del suo nuovo centro commerciale, attorno alla Piazza Maggiore. Da lì partiva anche una via acquea (nel ventunesimo secolo interrata) chiamata "Brenta vecchia" che percorreva le odierne vie Brenta vecchia, Dante, Fratelli Bandiera, e confluiva nel naviglio Brenta a Malcontenta, e consentiva alle imbarcazioni di raggiungere Padova dal centro di Mestre. L'accresciuta posizione strategica di Mestre rese così necessaria la realizzazione di una nuova fortezza: il Castelnuovo, cui seguì un progressivo abbandono del Castelvecchio, che venne infine demolito nel XV secolo.

Nel 1452 venne costituito un Consiglio per affiancarsi nell'amministrazione del borgo all'autorità dei rettori veneziani: nel 1459 il consiglio prese così sede nella nuova Provvederia. Nel 1509, durante la Guerra della Lega di Cambrai, le forze veneziane in ritirata dopo la sconfitta nella battaglia di Agnadello, si asserragliarono al comando di Niccolò di Pitigliano nel castello di Mestre, che divenne l'estremo baluardo sulla terraferma e da dove partirono le spedizioni in soccorso di Treviso assediata, e alla riconquista di Padova, occupata dagli Imperiali. Nel 1513 Mestre dovette però affrontare nuovamente l'assalto di Spagnoli e Tedeschi, che conquistarono il castello, saccheggiando e incendiando il centro abitato. A onore dell'eroica resistenza, la città ricevette dalla Serenissima il titolo di Mestre Fidelissima, che ne è ancora il motto. Nel Settecento furono demolite le mura del Castelnuovo, ormai in grave stato di deterioramento; di esse restarono solo la Torre dell'Orologio e la gemella Torre Belfredo.

Con la caduta della Repubblica di Venezia, Mestre fu occupata dalle truppe di Napoleone Bonaparte nel maggio del 1797, che posero fine al governo dell'ultimo podestà e capitano veneziano, Daniele Contarini. Con il Trattato di Campoformio del 1797, i territori della Repubblica di Venezia passarono agli Asburgo d'Austria. Nel 1805 a seguito del trattato di Presburgo, Veneto e Friuli entrarono a far parte del Regno d'Italia napoleonico. Mestre, secondo il modello francese, nel 1806 divenne una "Comune" nell'ambito del Dipartimento del Tagliamento (l'attuale provincia di Treviso), dotata di un consiglio di 40 membri e di un Podestà nominato dal governo centrale. Nel 1808 passò al Dipartimento dell'Adriatico (l'attuale provincia di Venezia) e nel 1810 assorbì i comuni di Carpenedo, Trevignan e Favero. Alla caduta di Napoleone nel 1814, Mestre tornò sotto il dominio degli Asburgo, nell'ambito del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1842 venne aperta la Ferrovia Milano-Venezia che, passando a sud dell'abitato, ne spostò il baricentro, con lo sviluppo delle vie Cappuccina e Piave. Il 22 marzo 1848, sulla scia dei moti patriottici risorgimentali, mentre a Venezia gli insorti guidati da Daniele Manin cacciavano gli Austriaci e proclamavano la Repubblica di San Marco, a Mestre la Guardia Civica, costituita fin dal giorno 18, prendeva il controllo della città.

Rinforzata da soldati, finanzieri e volontari, otteneva la resa di Forte Marghera e lo difendeva contro gli austriaci che tentavano di rioccuparlo. Mentre gli Austriaci, incalzati in tutto il Lombardo-Veneto si rinchiudevano tra le fortezze del Quadrilatero, Mestre divenne crocevia di passaggio per i molti volontari che affluivano da ogni parte d'Italia. Vittoriose però contro le truppe piemontesi e volte alla riconquista dell'intero Lombardo-Veneto, il 18 giugno le truppe austriache fecero nuovamente ingresso a Mestre, rioccupandola e usandola come testa di ponte per l'assedio di Venezia. Nonostante l'ardita Sortita di Forte Marghera del 27 ottobre che liberò di Mestre solo per poche ore, il 26 maggio 1849 il Forte fu riconquistato dagli Austriaci, e alla capitolazione del forte seguì il 22 agosto la resa della stessa Venezia. Nel 1866 Mestre vide l'assedio di Forte Marghera da parte delle truppe italiane (giunte in città il 15 luglio) e fu annessa assieme al resto del Veneto al Regno d'Italia. Il 6 marzo 1867 giunse a Mestre anche Giuseppe Garibaldi, arringando la folla da un balcone di Piazza Maggiore, evento poi commemorato da una lapide.

Nel 1876 venne demolita dai privati che la possedevano la vecchia Torre Belfredo, una delle ultime vestigia dell'antico castello. Resta traccia della pianta della torre, nella pavimentazione dell'omonima via, attigua ai "Giardini delle Mura" ove son visibili i resti (oltre che di un lungo tratto murario) di uno dei torricini minori del castello. A ricordo degli avvenimenti del 1848, il 4 aprile 1886 venne inaugurata in Piazza Barche una colonna commemorativa dei caduti nella resistenza del 1848-1849, mentre il 13 novembre 1898 veniva concessa alla città la medaglia d'oro al valor militare. Tale motivo di orgoglio cittadino è sopravvissuto nel tempo, e negli anni 2000 la "sortita di Mestre" è stata più volte rievocata in varie occasioni celebrative. I sindaci di Mestre 1866-1870: Girolamo Allegri 1871-1881: Napoleone Ticozzi 1882-1892: Pietro Berna 1892-1893: Agostino Tozzi 1894-1899: Pietro Berna 1899-1902: Jacopo Rossi 1903-1906: Giuseppe Frisotti 1907-1910: Pietro Berna 1910-1913: Aurelio Cavalieri 1914-1919: Carlo Allegri 1920-1922: Ugo Vallenari 1923: Gustavo Soranzo 1923-1924: Massimiliano Castellani 1924-1926: Paolino Piovesana Va ricordato inoltre che il 1º maggio 1945, all'indomani della Liberazione, gli Alleati insediarono a Mestre una giunta di otto membri con a capo l'ex sindaco Vallenari, ma venne sciolta una decina di giorni dopo dal prefetto Camillo Matter.

I referendum A partire dalla fine degli anni settanta alcuni comitati proposero ciclicamente ai cittadini dei referendum per chiedere la separazione di Venezia da Mestre: tra il 1979 e il 2003 se ne tennero quattro, due dei quali a distanza di solo cinque anni. Ai quesiti partecipò tutta la popolazione del comune di Venezia perché gli abitanti di Mestre costituiscono più del 10% del totale della popolazione comunale. Tutti e quattro i referendum furono sfavorevoli ai promotori della separazione, i primi tre per vittoria dei "No", il quarto per mancanza del quorum. Il primo referendum con il quale si tentò la separazione si tenne nel 1979 e vide una partecipazione del 79% degli elettori del comune di Venezia, con una percentuale di favorevoli alla separazione pari al 27,7%; dieci anni più tardi, nel referendum del 25 giugno 1989, i "Sì" alla separazione incrementarono in cifra percentuale, al 42,2%, anche se i votanti alla consultazione furono di meno, il 74%. Nel febbraio 1994, a poco meno di cinque anni dal referendum precedente, il quesito fu riproposto ai veneziani, e l'affluenza alla consultazione scese al 67%, anche se il "Sì" incrementò percentualmente fino al 44,4%.

Nel novembre 2003 il quarto e, allo stato, più recente referendum, non raggiunse la soglia minima di partecipazione: infatti solo il 39,3% degli elettori si recò alle urne, rendendo inutile il quesito (al quale, peraltro, il 65,3% degli elettori aveva risposto "No"). Tale quarta sconfitta del fronte separatista pare aver sancito il definitivo tramonto del progetto di scissione comunale; tra le ragioni di coloro che propugnano un Comune autonomo figurano l'impossibilità per Venezia di amministrare le molte diversità di un territorio che si espande tra chilometri quadrati di terraferma e laguna e che privilegia il centro storico cittadino rispetto alla periferia; il fronte antiscissionista invece sostiene che con la separazione entrambi i centri, Venezia e Mestre, da soli avrebbero avuto grosse difficoltà a sostenersi, in quanto la prima progressivamente spopolata e invecchiata, ancorché meta turistica, mentre la seconda avrebbe smesso di essere parte di Venezia per divenire una località anonima.

Nel 1917, con in virtù di una nuova legge sui porti, un quarto del territorio comunale di Mestre (Bottenigo, il cui nome venne da allora mutato in Marghera) veniva integrato al comune di Venezia e affidato alla Società Porto Industriale di Venezia, la quale avviò le opere che portarono alla creazione del primo nucleo di Porto Marghera, inizialmente detto Porto di Mestre. Nell'agosto del 1926 (R.D. 15 luglio 1926, n. 1317, in G.U. n. 183 del 9 agosto 1926) il comune di Mestre, che contava 31.000 abitanti e aveva una superficie di 12 km² venne incorporato nel comune di Venezia, assieme ai comuni Chirignago, Zelarino e Favaro Veneto. Il tutto avveniva nell'ambito di una generale riorganizzazione e razionalizzazione delle istituzioni comunali che, in tutta Italia, portò all'accorpamento di diversi comuni.

A Venezia, l'atto era anche legato alla nascita del polo industriale di Marghera, creato dalle politiche economiche di quegli anni, incentrate attorno all'attività dell'industriale e politico Giuseppe Volpi conte di Misurata e del conte Vittorio Cini. Il primo, ministro delle Finanze e del Tesoro, nonché presidente della Società Porto Industriale di Venezia e della Società Adriatica di Elettricità (allora principale industria elettrica dell'Italia nord-orientale), fortemente interessata ad un forte sviluppo industriale dell'area; il secondo, presidente della Società Adriatica di Navigazione, della SITACO interessata alla realizzazione dei nuovi quartieri residenziali, nonché commissario governativo per le acciaierie ILVA. Venezia, per la propria conformazione urbana, pur con la propria ampia disponibilità di manodopera, non disponeva di spazi idonei ad ospitare una propria area industriale moderna: l'espansione in terraferma divenne la soluzione necessaria per dare nuovo sviluppo della città lagunare.

Il 25 aprile 1933 venne costruito il Ponte Littorio (nel dopoguerra rinominato Ponte della Libertà) e con esso il tratto stradale che portava all'odierna autostrada per Padova. Per unirla a Mestre fu tracciato il Corso Principe di Piemonte (inaugurato nel 1933, nel dopoguerra rinominato Corso del Popolo) e, per dare più spazio a tale strada, fu interrato un tratto del Canal Salso. Durante la seconda guerra mondiale Mestre subisce vari bombardamenti aerei; il più pesante fu quello del 28 marzo 1944, che rase al suolo più di un migliaio di case, provocò 164 morti e 270 feriti, ma anche tantissimi sfollati che dovettero abbandonare il loro domicilio cercando ospitalità nelle campagne circostanti.

Dopo la firma dell'armistizio, Mestre fu teatro di scontri tra le forze della resistenza e le forze nazi-fasciste che cercano subito di occuparla, anche per il suo ruolo di importante snodo ferroviario. Nel 1955, in concomitanza con l'edificazione di Viale San Marco, fu costruito il cavalcavia di San Giuliano, che consentiva così di raggiungere Venezia direttamente senza dover transitare per Corso del Popolo. Tale cavalcavia rappresenta il tratto finale della strada statale per Trieste. A partire dagli anni cinquanta tutti i maggiori centri urbani d'Italia subirono una rapida e disordinata crescita, che ebbe luogo nelle rispettive periferie. Nemmeno Venezia sfuggì a tale fenomeno: la differenza fu che il capoluogo veneto, situato al centro di una laguna, non disponeva di una cintura territoriale esterna che potesse fungere da spazio di crescita. Lo sviluppo urbano si verificò pertanto nelle aree terraferma e in particolare a Mestre, che in pochi anni passò da piccolo centro di campagna di 20.000 abitanti a cittadina di circa 200.000 abitanti, anche complice il flusso migratorio dal centro storico e dalla campagna circostante.

La crescita demografica crebbe ulteriormente a partire dagli anni sessanta, quando alle politiche abitative e lavorative sfavorevoli ai residenti lagunari si sommarono i disastrosi effetti dell'alluvione del 1966, che mostrò la vulnerabilità delle abitazioni ai piani bassi di Venezia. Sull'onda dell'emigrazione dal centro storico, la massima espansione edilizia e demografica venne raggiunta negli anni settanta, periodo in cui Mestre e la terraferma toccarono i 210.000 abitanti. La grande rapidità dello sviluppo, privo di un piano regolatore, lo rese alquanto disordinato, tanto che il fenomeno venne definito da alcuni ambienti sacco di Mestre e la città venne spesso additata come esempio di centro urbano sgraziato e poco ameno. L'assetto urbanistico ne risultò stravolto, con cambiamenti radicali di intere aree cittadine e con la demolizione di monumenti e luoghi storici. Tra gli interventi di maggior impatto, vennero tombinati, ristretti o deviati molti dei navigli mestrini.

Anche nelle parti più centrali, come in via Alessandro Poerio (la tombatura del Marzenego), vi fu la costruzione dell'edificio Cel-Ana addossato alla Torre, primo simbolo della città, l'interratura del Canal Salso da Piazza Ventisette Ottobre (la storica Piazza Barche, riportata anche in un celebre quadro del Canaletto), ecc. Mestre divenne così una città fortemente cementificata, vantante il record nazionale di soli 20 centimetri quadrati di verde per abitante (1980). La crisi dell'industria chimica tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta, assieme al generale ridimensionamento delle grandi città del nord Italia, hanno indotto un calo dei residenti a Mestre e nei sobborghi limitrofi; ciononostante gli oltre 180.000 abitanti di Mestre continuano a costituire oltre il 66% della popolazione del comune di Venezia.



Mestre
Indirizzo: Via Torre Belfredo
(VE)
Telefono: 041 2748111
Sito: www.comune.venezia.it

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