Ghetto di Padova - Comunità Ebraica, Padova (PD)


Il cuore d Padova antica situato tra le piazze e il Duomo contiene un altro cuore: la zona dell’antico ghetto ebraico. Tra queste strette e anguste vie che si diramano dall’asse principale di Via S.S. San Martino e Solferino nelle vie: “Dell’arco”, “dei fabbri”, “Squarcione”, “Gritti” e “Soncin” si racconta una storia antichissima: quella dell’insediamento ebraico in città; della sua storia commerciale, sociale, culturale e religiosa.

Un tempo tra questi portici scuri disseminati di osterie e mescite a basso costo a ridosso della Piazza del vino (ora Piazza delle erbe) studenti e professori dell’antica università venivano a prestito presso i banchi degli ebrei, le frequentatissime botteghe costituivano con le piazze un centro commerciale specializzato indispensabile per la città. “…strazzaria (rigattieri) de ogni sorte”: “careghe, lettiere, cori d’oro vecchi e novi, cavedoni” e ancora: telerie di ogni misura: rasetti, broccatelli, tempestini, drappi, robe de seda, fustagni, bambasine, meze lane, coltre, schiavine, grogani, tele de Fiandra..”ma soprattutto importantissimi rabbini e talmudisti del tempo tenevano le loro scuole, ricordiamo: Yehaudah Minz Ha-Levi (1408-1509) fondatore della locale accademia rabbinica che aveva sede nello stabile che ospita oggi l’ Hotel Toscanelli, Meir Isaac Katzenellenbogen (1482-1565)e Mosè Chayym Luzzato precursore intellettuale, rabbino e poeta che con il suo circolo di studi cabalistici attraeva studenti da tutta Europa.

L’intera architettura del Ghetto restituisce a noi questa storia pressoché intatta. L’impianto romanico delle strade e dei lotti è quello originario ma si è sviluppato in altezza con attraverso una particolarissima tessitura di mescolanza di stili e assemblaggio di materiali di recupero quali: colonne di varia provenienza, capitelli, stemmi, iscrizioni (V. Martino e Solferino civ.16-12) ringhiere barocche in ferro battuto, testine muliebri e virili che sorreggono canne fumarie (V. Martino e Solferino civ.10) testine raffiguranti commercianti ebrei che reggono poggioli (V. Dell’Arco) portali in pietra, bifore, affreschi e comignoli cinquecenteschi insieme a finestre e poggioli e porte lignee settecentesche testimoni dei continui rimaneggiamenti dettati dalle esigenze abitative e di rappresentanza di una comunità sempre in movimento e costretta in uno spazio molto limitato.

Arnaldo Fusinato scrive:

“Allor che la campana vespertina,/ Col cappello sugli occhi e a faccia china,/simil che al ladro che inseguito sia,/ ti cacci col tuo caro fardelletto/Pegli oscuri viottoli del ghetto// e giunto ad una buia porticella,/ Tiri la corda come un uom che ha pressa;/Al suon della squillante campanella/s’apre un imposta, ed una voce fessa/ come lo strido d’affamata arpia/ Piove dall’alto a domandar chi sia.//Uno studente tu rispondi: e in fretta/ A quel nome spalancansi la porta./ E in cima ad una scaletta stretta stretta/ Tu vedi comparir pallida e smorta/la romantica faccia d’Isachetto.//Tu ascendi e, ascendi; e alfin dopo mezz’ora/arrivi ansante al quinto appartamento:/Apre una porta il buon vecchietto allora,/E col berretto in man ti mette dentro/Ad un ampio salone Rococò/ Tappezzato a tabarri e paletots.//Poi sul naso inforcando un par di occhiali/dispiega avidamente il tuo fardello,/ e li su quattro piè senza sensali,/ tu gli lasci in deposito il mantello,/Ed ei ti caccia una sovrana in mano/ che a farla grossa può calar un grano.//Oh Ghetto umanitario, oh ghetto caro, /la terra intoni alle tue laudi un canto!/Tu padre sei di chi non ha denaro, /Tu tergi gli occhi del tapino il pianto, /E attento involi dalle tarme ai denti/ I tabarri dei poveri studenti."

Che il nostro studente “in bolletta” sia passato proprio da corte Lenguazza ad impegnare il tabarro e bere la mando letta?

Sinagoga di Padova

E’ proprio in questa corte da cui si accede da un sottoportico di via S.S. Martino e Solferino che, come in un gioco di scatole cinesi scopriamo un altro cuore nel cuore: quello dell’antica comunità ebraica che qui aveva il suo centro culturale e religioso, la sua Midrash, la Sinagoga Granda (la comunità ebraica Padovana contava ben tre sinagoghe oltre ad ulteriori luoghi di studio.

La sinagoga cinquecentesca di rito italiano, quella spagnola e quella tedesca la più grande che aveva l’accesso proprio da questa corte ) il Miqweh (vasca per il bagno rituale) e la macelleria kascher.

In questa suggestiva corte nell’ iscrizione della chiave di volta del portale di casa Trieste (ora porta sul retro dell’osteria dei Fabbri) si legge “Moisè Quondam Jacob Trieste”.
Oggi il ghetto ebraico restituisce a noi questa storia che ancora continua: ieri come allora studenti universitari frequentano queste strade disseminate di caffè osterie e ristorantini ed i Padovani amano ritirarsi tra questi portici in cerca di oggetti che altrove non si possono trovare, tra piccoli negozi di merce ricercata e particolare, tra le botteghe di tessuti, stoffe, stampe antiche, tra i rigattieri, gli antiquari, gli artigiani, gli orafi e prestigiose gallerie d’arte. La sinagoga tedesca ora sala polivalente sede di varie manifestazioni culturali grazie ad un sapiente restauro dopo l’incendio da parte di uno squadrone fascista nel 1943 si erge a testimone della comunità Israelitica la cui storia è storia anche della città stessa.

 



Ghetto di Padova - Comunità Ebraica
Indirizzo: Via S. Martino e Solferino, 19-11, 35122
Padova (PD)
Telefono: 049 8751106
Sito: http://moked.it/padovaebraica/

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